Lucy è la storia di Sara, antropologa ossessionata dalle origini dell'umanità, studiosa sul campo di reperti che, come Lucy (l'australopiteco rinvenuto da Donald Johanson nel 1974 in Etiopia), ci dicono la storia del nostro essere umani lungo l'arco di quattro milioni di anni. La passione scientifica ha sempre portato Sara lontano dalla famiglia. Il marito, Franco, che pur l'ha molto amata, ha infine "rassegnato le dimissioni" e ha scelto una donna più stabile, più confortevole. I figli si sono mossi, progressivamente con sufficiente autonomia: Matilde fa l'agopunturista, è docile, apprensiva, presentissima al mondo; Alex fa, come la madre, l'antropologo ma in Canada. Matilde, quando può, si prende cura della madre. Alex la sente da lontano in telefonate che si muovono fra aggressività e indifferenza. In mezzo a tutto ciò accade che Sara sparisce. Lascia una lettera e non altra notizia di sé. In un gioco di lontananze che si allungano e si accorciano, scopriamo che Sara è malata, e che a questa malattia sta consegnando l'eredità di affetti, la rete forse mal cucita ma forte che ha tessuto nella sua vita, e, insieme, il racconto che sta scrivendo "la storia di due ominidi che si incontrano quattro milioni di anni fa". Il marito Franco, il nuovo amico Milo, i figli, sembrano far cerchio intorno alla sua solitudine così piena, così salda, così paradossalmente ricca di futuro. Ad essi - e a una presenza enigmatica, aliena - confida i suoi pensieri.
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